Mahsa Amini uccisa per una ribelle ciocca di capelli. Un’altra storia di ordinaria mostruosità. Ha senso tutto questo?
Siracusa, 23 settembre 2022 — È morta proprio così, per una ciocca di capelli Mahsa Amini, ennesima vittima di un sistema politico depositario di norme e leggi androcentriche, emanate per seminare terrore in una società in cui vige da troppo tempo un’arcaica autoritaria ideologia.
Mahsa era una giovane donna iraniana di 22 anni, allegra e avida di conoscenza, con una vita da esplorare e tanti ideali da raggiungere, così come è giusto che vivano i giovani di quest’età e di questa epoca, amanti delle mode, dei viaggi e dei sogni. Mahsa non potrà più vivere la sua vita perché subdolamente presa di mira dalla polizia preposta al decoro della moralità, a causa di una ciocca ribelle che fuoriusciva prepotentemente dal suo velo, come a voler respirare una libertà negata.
Una morte assurda, illogica, immotivata, causata ufficialmente da un arresto cardiaco, ma in realtà morte dovuta alle percosse selvagge e continue della polizia iraniana, in un paese dove le donne devono vergognarsi della loro esuberanza e dove regna la logica di una esasperata misoginia.
È difficile pensare a una palingenesi in questa realtà radicata da una immota società, in mano a una classe politica che nega non solo il pluralismo di idee, ma dove la donna non rappresenta che una sottospecie dell’uomo, soggetta a una rigorosa educazione che non parla per nulla di libertà o indipendenza, ma solo e sempre sottomissione e ubbidienza.
La morte di Mahsa ha provocato ovviamente proteste e ribellioni subito sedate, alla faccia di questo cosiddetto mondo globalizzato.
Gabriella Fortuna